L’UOMO SENZA TERRA

L’ambito alimentare è centrale rispetto alla vita di ogni persona e, per estensione, rispetto alla vita della comunità e della società tutta.

L’attuale sistema di produzione e lavorazione del cibo, elemento centrale del consumismo, distrugge la terra, l’ambiente, le risorse della natura e quindi distrugge poco alla volta anche noi che della natura siamo parte.

L’errore fondamentale dell’uomo è pensare di stare al di fuori della natura e di poterla quindi  usare e consumare senza subirne le conseguenze. Il sistema industriale di produzione del cibo ha fatto sparire, insieme all’immenso patrimonio culturale che al cibo si lega, anche la nostra capacità di sentire; capacità che non può essere slegata da un profondo e costante rapporto con la natura, articolato nei tanti saperi delle comunità legate alla terra. Eliminato il contatto con la terra, l’uomo ha di fatto eliminato il contatto con se stesso. Il risultato è non essere più in grado di ricoprire un ruolo primario nella gestione della propria vita e salute fisica, psichica e spirituale. Abbiamo consegnato i nostri destini nelle mani di elementi terzi, tra cui le multinazionali legate all’industria alimentare e i media che le supportano, che di fatto, portando alta la bandiera del consumismo, stanno inesorabilmente consumando anche la nostra identità.

Una volta, lontano nei tempi, ma fino a non molto tempo fa, procurare il cibo per sé e per la propria famiglia era lo scopo principale per cui si lavorava. 

Dai tempi in cui si cacciava, a quelli in cui si è iniziato a coltivare. La raccolta dei frutti, dei germogli, delle erbe: tutto era finalizzato al sostentamento. 

Ed era contemporaneamente il nutrimento del corpo e dell’anima; era il nutrimento che promuoveva l’evoluzione attraverso un profondo quanto spontaneo contatto con la natura. Quel rapporto grazie al quale si sapeva esattamente cosa raccogliere, come prepararlo, quando mangiarlo o in quale occasione poterlo utilizzare, sia che si trattasse di cibo che di erbe medicinali. Una vita attiva vissuta in profonda sinergia con gli elementi di cui tutto è costituito: la terra, l’acqua, l’aria e il fuoco; in cui non era pensabile contravvenire alle leggi della natura, le sole davvero universali.

Oggi il lavoro dell’uomo è dedicato a tutt’altri temi. Si lavora per produrre denaro che a sua volta dovrà produrre altro denaro. Il fino ultimo è l’infinita acquisizione di beni materiali, da consumare affinché possiamo procurarne di nuovi, in una ingloriosa spirale destinata infine inesorabilmente a consumare anche noi.

Cosa manca in questa differente modalità di concepire il lavoro? Viene a mancare il processo evolutivo della trasformazione.

La terra ha un suo metabolismo attraverso il quale costantemente opera delle trasformazioni che sviluppa nei frutti che genera. L’uomo ha un suo metabolismo per mezzo del quale a sua volta trasforma la materia. È però solo nel lavoro sinergico dell’uomo e della terra insieme, che la trasformazione può trascendere la materia ed elevare l’uomo.

Perché tale sinergia abbia luogo, il contatto uomo-natura ha bisogno di integrità; necessita della più totale purezza di entrambi. Non è d’altra parte casuale che il termine sattva, con cui il sanscrito, l’antica lingua dell’India, esprime questa purezza, abbia contemporaneamente anche il significato di impulso all’evoluzione.

Il prodotto della terra, ossia quello che  mangiamo, dev’essere tal quale la terra lo ha spontaneamente prodotto. A sua volta l’uomo deve prendersi cura di sé per essere il più possibile sano, al pari di una terra fertile nella quale una pianta trova immediata e disponibile forza per dimorare e crescere.

Troppo distante da questa collaborazione uomo-terra e incurante delle preziose leggi naturali, l’uomo si è indebolito e ammalato ed infine, impaurito, anziché capire e rivolgersi umilmente alla natura si sta di nuovo, questa volta rovinosamente, rivolgendo all’esterno.

Soltanto nel rapporto sinergico con la natura l’uomo riesce a vivere nell’alternanza ritmica ed energetica, presupposto necessario perché l’intelligenza del corpo possa esprimersi indicandoci i nostri reali bisogni. 

A livello profondo, il nostro corpo sa.

Maria F.Rummele

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