Viviamo in una realtà che ci spinge a definire, misurare, spiegare. A riempire ogni spazio con parole, giudizi, azioni. Eppure, nel cuore di ogni autentico processo di trasformazione, c’è un momento in cui tutto si ritira. Si fa silenzio.
Un silenzio che non è vuoto, ma grembo.
Un silenzio che non è fine, ma soglia.
È in questo spazio che la coscienza si espande. Quando la mente smette di cercare risposte all’esterno, qualcosa si dischiude: un’intelligenza più antica, più sottile, che sa senza dover comprendere. Non è più il tempo dell’analisi, ma della rivelazione.
Non siamo più quelli che osservano. Siamo ciò che viene osservato.